La nostra Storia
Tutto ebbe inizio nel lontano 1972.
Erano anni di rabbia e contestazione giovanile, di protesta e di proposta.
Tempi in cui si voleva cambiare il mondo. Il punto era come.A Reggio Calabria don Italo Calabrò, Vicario Generale della Diocesi
con il Vescovo Monsignor Ferro, fra i suoi diversi impegni, non trascurava di
insegnare agli studenti dell'Istituto tecnico industriale "Panella".Alcuni di quei giovani, che in seguito costituiranno il Centro
Comunitario Agape, anche dopo la scuola, si incontravano con
don Italo per discutere di una loro possibile attività a favore dei poveri,
degli emarginati e lo seguivano in ogni suo impegno di solidarietà.Monsignor Ferro aveva affidato a don Italo la cura di un istituto
educativo-assistenziale per minori, in una frazione di Melito P.S.L'istituto raccoglieva circa cinquanta bambini provenienti da
famiglie con gravi problemi sociali ed economici, nuclei familiari disgregati,
molti di fatto erano in stato di abbandono.
L'istituto fino a quel momento era stato gestito in modo tradizionale da alcune
suore volenterose.I ragazzi dormivano in due grandi cameroni. Frequenti erano le loro
fughe ma venivano intercettati dalle forze dell'ordine e riportati in istituto.
Molto basso il profitto scolastico con numerose bocciature e abbandoni.Ma ciò che più di tutto colpiva erano le carenze affettive.
In pochi ragazzi tornavano a casa per le feste, i più le trascorrevano in
istituto.Don Italo intuiva che l'istituto era un'esperienza massificante che
non permetteva ai minori di poter vivere le relazioni affettive che li fanno
crescere in modo equilibrato:
bisognava inventarsi qualcosa di diverso, a misura di famiglia per chi la
famiglia non l'aveva.L'alluvione del 1972 rese inagibile l'istituto: vi era necessità di trasferire
i bambini.A Pilati, altra frazione sul mare di Melito P.S., don Italo
trovò la disponibilità di locali parrocchiali da
adibire per ospitare i minori.Per i giovani di don Italo era giunto il tempo di passare dalle parole ai
fatti.Nel settembre del 1973, sei ragazzini si
lasciarono alle spalle l'istituto e iniziarono una nuova vita al Centro
Giovanile, come venne chiamata l'esperienza di Pilati.Con loro c'erano tre giovani, gli "educatori",
privi di ogni esperienza ma fortemente motivati.
Quei giovani, e altri che seguirono, dovettero inventarsi un modo nuovo
di stare vicino ai ragazzi: ascoltarli, motivarli, renderli partecipi, dotarli
dei necessari strumenti per inserirsi nella società, sottraendoli alla tentazione
dei facili guadagni, alla lusinga di poter usare scorciatoie per farsi avanti
nella vita, una volta usciti dal Centro.I locali offerti erano angusti e si rese necessario ampliarli: il Centro
Giovanile divenne un cantiere in cui giovani operosi si diedero da fare per
renderlo più accogliente.
L'intera comunità locale del tranquillo borgo marinaro sosteneva generosamente
l'esperienza.Nel 1975 fu firmata la convenzione con la Regione
Calabria ed il Centro Giovanile divenne la
prima casa-famiglia del Sud Italia.La prima esperienza nata dall'idea di don Italo e continuata dalla figura di Don Malara ,che nel giro di pochi anni avrebbe portato al superamento
del modello proposto negli istituti non solo per il numero di minori ospitati
ma anche e soprattutto per le modalità di relazioni, per gli obiettivi
educativi che vengono perseguiti, per la presenza di giovani che lo scelgono
come proprio ambito di vita.Nel 1980 una giovane coppia di educatori decise di
vivere la vita matrimoniale e familiare dentro il Centro, facendo dei
ragazzi la loro famiglia, dando a quei ragazzi un'altra famiglia.Contemporaneamente, al Centro Giovanile arrivarono i primi obiettori di
coscienza che vissero l'impegno alternativo al servizio militare a
favore dei minori. Tanti altri li seguirono negli anni successivi.Nel 1983, il Centro Giovanile si costituisce in Cooperativa
Sociale: ormai l'esperienza si avvia ad affrontare gli impegni assunti su
basi più solide, dopo anni di incertezza e precarietà.
Furono anni di forte impegno.Nel 1998, avviene la trasformazione in gruppo appartamento.Don Italo moriva prematuramente il 16 giugno del 1990,
lasciando un grande patrimonio spirituale ed il ricordo della sua
testimonianza.Il Centro Giovanile, a lui intitolato, ha proseguito lungo il
suo insegnamento, continuato dalla spiritualità di Don Malara.
Ancora oggi è praticata l'indicazione di don Italo: ospitare gratuitamente
almeno un giovane per tutto il tempo necessario alla sua crescita e autonomia.L'attenzione, sempre avuta, verso i nuovi bisogni dei minori e delle loro
famiglie stimola la Cooperativa ad avviare nuove esperienze di impegno nel
sociale. Video testimonianze